top of page

nella BOLOGNA MEDIEVALE

Mi sveglio con il suono frastornante delle campane. Ecco perché non mi piace vivere vicino al campanile, rischio di diventare sorda tutti i giorni. Mi vesto con il mio abito sgualcito e sporco, del resto l’unico che ho, mi ricordo che me lo aveva regalato la mamma qualche anno fa, quando compii 14 anni, fortunatamente mi viene ancora, anche perché non potremmo permettercene un altro. Siamo 6 in famiglia, e quindi ogni cosa che abbiamo dobbiamo condividerla fra di noi, come il mio vestito di qualche anno fa, ora ce l’ha mia sorella Agnese, dopotutto le sta a pennello. La stessa cosa succede tra Domenico, mio fratello maggiore, e Dario, quello più piccolo. Mi lego i miei folti capelli castani in 2 trecce laterali, così che non mi diano fastidio durante la giornata. Sento mia madre chiamarmi da sotto, così scendo le scale, le quali scricchiolano ad ogni mio passo, per poi arrivare dritta in salotto, dove mi aspettano Domenico e mamma. Saluto quest’ultima con un bacio sulla guancia e rivolgo un buongiorno felice a mio fratello. Mamma mi dice che papà è andato a comprare, della farina, un po’ di sale e il minimo indispensabile per sopravvivere. Aggiunge anche che devo andare al mercato a vendere delle calze e dei maglioni fatti da lei, che passa giorni interi a farli e disfarli, poiché non le escono perfetti al primo tentativo. Dopo aver mangiato mezza fetta di pane, con un po’ di marmellata (che dev’essere costata un occhio della testa, infatti ne metto pochissima per non sprecarla), mi dirigo verso il mercato insieme ad una bisaccia contenente la mercanzia. Per arrivarci devo passare davanti all’università Alma Mater Studiorum, un’università che fu costruita attorno al 1088 (e ora siamo nel 1200, quindi ne è passato di tempo…), non mi ricordo di preciso, rammento solo qualche accenno su di essa da parte di mio padre. Quanto vorrei poter studiare qui, a quanto ne ho capito vengono da tutta Europa per poter imparare qui, e ovviamente solo i più ricchi e nobili possono permetterselo, non di certo la figlia di 2 mercanti poveri. Dopo aver attraversato la strada fischiettando un motivetto allegro, decido di andar a salutare il mio amico Sebastiano, figlio del panettiere, che è poco più grande di me. Mi ricordo che, quando ero più piccola,  la mia famiglia stava per morire di fame, perché i miei genitori si erano ammalati, così da non poter più produrre la mercanzia da vendere. Allora decisi di provare ad elemosinare qualche pezzo di cibo, anche se la maggior parte delle volte tornavo a casa con le mani vuote. Nonostante tutto ci provai, e andai a girovagare per le strade di Bologna chiedendo in giro qualsiasi cosa con cui poter sfamare la mia famiglia. E fu allora che Sebastiano mi vide e capì che ero in difficoltà. Quindi prese del pane ormai vecchio, che suo padre non era riuscito a vendere, e me lo diede poi disse “Tieni ho visto che stai chiedendo del cibo, so che è poco, ma è meglio di niente.” Io lo ringraziai con le lacrime di gioia e mi misi a correre verso casa con il pane tra le braccia. Da allora la nostra amicizia si è rafforzata tanto, e nonostante siano passati anni, noi siamo ancora inseparabili. Dopo aver salutato Sebastiano, mi reco al mercato, passando per i portici, il mio luogo preferito, adoro passeggiarci sotto, sono così belli e alcuni sono anche decorati così bene che ogni tanto dimentico ciò che devo fare, e mi metto a fissarli intensamente, catturando ogni singolo dettaglio, anche il più insignificante. Saltello di qua e di là salutando tutte le persone che incontro, per poi arrivare ad una piccola bancarella dove deposito la mia borsa piena zeppa di indumenti fabbricati da mia madre. Li sistemo tutti accuratamente, e dopo provo ad attirare l’attenzione delle persone. Mentre aspetto qualche cliente, osservo con attenzione il mercato, così brulico di persone, tutte indaffarate a svolgere il proprio compito. Ce ne sono di tutti i tipi, dai semplici mercanti come me e i miei genitori, ai soldati che girano in città per controllare che tutto vada bene. Adoro il mio comune, pieno di mercati,  di persone immerse nel loro lavoro, insomma così pieno di vita, non desidero altro.   Passata qualche ora, capisco dai rintocchi delle campane, che è mezzogiorno, quindi decido di mangiarmi parte del panino che mia mamma ha impacchettato in un pezzo di carta. È buonissimo, anche se ha solo un po’ di formaggio spalmato sopra, mi sembra di essere in paradiso, raramente mangio delizie come il formaggio. Facendo il mio lavoro, il tempo passa velocemente e dopo aver venduto anche l’ultimo paio di calzini, inizio a recarmi verso casa mia. Come al solito passo per la Piazza Maggiore, dove ci sono gli edifici più importanti di Bologna, come il palazzo del Podestà o quello Comunale, che è stato costruito da pochissimo, massimo qualche mese. Con la sua sontuosità e modernità, attira gli sguardi di tutti i passanti, facendoli rimanere meravigliati. La piazza è veramente ampia, grandissima, è uno dei miei luoghi preferiti di Bologna, mi sento libera quando ci passeggio canticchiando qualche canzone che mi ha insegnato la mamma. Decido di andare nel mio posto “segreto” se così si può definire, salgo una scalinata sul retro di un palazzetto piuttosto alto, così da arrivare in cima, dove mi aspetta un paesaggio da mozzare il fiato, si vede Bologna al tramonto, con tutte le sue torri dalle altezze incredibili, sembra di essere catapultati in un altro mondo. Non so dire con precisione quante siano, saranno un centinaio, o forse anche di più, fatto sta che adoro guardarle  al tramonto. Vorrei poter abitarci, in una di esse, ma queste, come l’università, possono essere abitate solo dai più ricchi, i nobili. Gran parte hanno uno scopo difensivo, infatti molto spesso vedo arcieri seduti alle loro postazioni pronti a colpire il pericolo. Dopo una decina di minuti mi obbligo a scendere e ad affrettarmi per arrivare a casa, poiché se arrivo dopo le sette, i miei genitori si preoccupano, e non solo loro, anche mio fratello maggiore. Dopo una corsetta e qualche saluto arrivo a casa, con il fiatone ma intera. Do ai miei genitori il denaro ricavato, e non è neanche pochissimo, oggi ho venduto tutto e mia madre e felicissima. Quando entro in cucina un inebriante profumo di pane appena sfornato, mi pervade le narici, facendomi venire una certa fame. Dopo aver cenato con pane caldo (cosa che succede raramente, credo che oggi sia il mio giorno fortunato) e uno stufato di verdure, ci ritiriamo tutti nelle nostre camere. Mia madre viene nella mia stanza a controllare che i bambini dormano, e quando li vede svegli, canta loro una ninna nanna, per farli addormentare. Infine viene da me e mi dà un bacio sulla fronte sussurrandomi un “buonanotte Beatrice”. Dopo ciò, esce dalla stanzetta e si chiude la porta alle spalle, lasciando cadere la camera nel buio più profondo.

Ecaterina Gidioi

bottom of page