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PUNTO DI "NON" RITORNO?

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In questi giorni sta accadendo qualcosa di terrificante ed inimmaginabile. Nelle ultime settimane stanno morendo in Italia e in tutto il mondo tantissime persone a causa di un nuovo virus proveniente da Wuhan in Cina: il COVID-19.

Con un tasso di mortalità di circa quattro per cento, questo nemico invisibile colpisce tutte le persone, “non guarda in faccia nessuno”. Le persone più a rischio sono gli anziani e coloro che sfortunatamente hanno già altre malattie come asma, polmonite, carcinoma … In poche parole, la gente che ha l’immunità bassa e che in caso di contagio rischiano di finire in terapia intensiva o addirittura di morire.

Nonostante ciò esiste anche una parte positiva. Abbiamo la tecnologia che ci aiuta a diffondere aggiornamenti su quello che succede ovunque, sui comportamenti da assumere, sulle regole da rispettare e i decreti ministeriali adottati, per prevenire così un eventuale strage. 

Nello stesso momento la tecnologia è diventata un “ponte” virtuale tra noi e il mondo, tra noi e i nostri affetti che abitano lontano, come i miei nonni e altri parenti. Attraverso i social l’umanità ha imparato ad esprimere il proprio stato d’animo.

Infatti, all’inizio l’ottanta per cento dei messaggi che circolavano in rete comprendevano le paure, le ansie e le preoccupazioni riguardo all’evolversi della situazione. Uno dei messaggi più frequenti era “SI SALVI CHI PUÒ!”. 

Adesso abbiamo imparato a reagire, ad affrontare questi mostri che ci divorano. Sono messaggi di incoraggiamento, di conforto, di solidarietà verso il personale medico e tutte le categorie di lavoratori che mettono la propria vita in pericolo al servizio della società, per assicurare i servizi legati ai bisogni primari (alimenti, posta, banca, farmacia, ecc.) “ANDRÀ TUTTO BENE!”.

In questi giorni, essendo in isolamento, la tecnologia sta diventando ancora di più la nostra migliore “amica”, perché ci aiuta a sentirci più uniti, anche se siamo distanti.

In questo campo, secondo me, gli influencer potrebbero aiutare il governo a convincere i giovani di restare in casa, perché sono i più ingenui che continuano ad uscire senza un motivo valido e senza prendere precauzioni.

Anche io all’inizio uscivo pensando che non sarebbe accaduto niente di grave, però con l’avanzare del tempo e l’aumento critico delle vittime in poche ore, ho cambiato idea immediatamente. 

Anche i nostri professori si stanno impegnando, organizzando videolezioni, aggiungendo compiti, articoli e spunti utili per il nostro esame attraverso la “didattica a distanza”.

Per me è la prima volta che utilizzo queste piattaforme e comunque si riesce a lavorare bene, però lo svantaggio di questo metodo è che nel caso in cui un alunno dovesse avere un’eventuale necessità, un dubbio non potrebbe avere immediatamente una risposta come a scuola e quindi potrebbe portarsi dietro delle lacune.

In queste settimane la tecnologia ha aiutato molte persone che devono stare in isolamento, dando loro l’opportunità di lavorare da casa (Smart Working), come professori, ingegneri, commercialisti…

Praticamente ci permette di fare qualsiasi cosa.

Io non riuscirei ad immaginarmi un mondo senza tecnologia, sarebbe troppo noioso. Questo significa che ormai dipendiamo da lei. Siamo destinati ad inventare cose sempre più ingegnose che neanche il nostro cervello adesso può immaginare, affinché facilitino la nostra vita fino a quando non saremo neanche capaci di alzare un dito. Le nostre relazioni interpersonali saranno svanite e parleremo solo dietro ad uno schermo, se non addirittura un ologramma.

Molti giovani sono talmente dipendenti che non riescono a staccare gli occhi neanche per un’ora dal cellulare! Se ci pensiamo bene, il cellulare è stato inventato da Martin Cooper: inventore e imprenditore statunitense, nel 1973. 

Martin lo chiamò “Mobile Phone”, che significa “telefono portatile” e il telefono serve solo per contattare le persone di cui sappiamo il numero, quindi il sostantivo “cellulare” è come un soprannome, o meglio gli è stato dato questo nome perché, come di nostra natura, abbiamo sempre la necessità di evolverci ed essere sempre al meglio della comodità, quindi il “telefono portatile” è un antenato del “cellulare”.

Ritornando al discorso di prima, credo che sia una fortuna se abbiamo la tecnologia in questo periodo, ma sta a noi riuscire a controllarci e a non farci comandare da questi oggetti che la costituiscono.

Spero che il Covid-19 ci faccia capire veramente in cosa stiamo sbagliando e che la tecnologia non ci faccia arrivare a quel punto di non ritorno.  
 

 

 Gabriel Solomon 

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