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SULLA LIBERAZIONE

 

Quest'anno il 25 aprile non ci recheremo fisicamente sul monumento a causa di questo particolare momento, tuttavia ti propongo ugualmente i testi che avremmo potuto leggere sul monumento ai caduti.

Ti chiedo di leggerli e di scrivere alcune  riflessioni, scegliendo liberamente ciò che vuoi commentare.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Il 25 Aprile festa della liberazione  dall'occupazione nazista e dal fascismo                      

Nasce nel '46 e viene istituzionalizzata nel ‘49 come festa nazionale della Repubblica.

Su proposta del presidente del Consiglio Alcide De Gasperi, il principe Umberto II, allora luogotenente del Regno d'Italia, il 22 aprile 1946 emanava un decreto legislativo luogotenenziale ("Disposizioni in materia di ricorrenze festive") che recitava: “A celebrazione della totale liberazione del territorio italiano, il 25aprile 1946 è dichiarato festa nazionale. »

 

La ricorrenza venne celebrata anche negli anni successivi, ma solo il 27 maggio 1949, con la legge 260 ("Disposizioni in materia di ricorrenze festive"), essa è stata istituzionalizzata stabilmente quale festa nazionale,

 

**In breve

 

  • In aprile  riprende l'offensiva generale dei partigiani e delle truppe alleate contro nazisti e fascisti nel Centro Nord Italia

  • Il 22 è liberata Bologna; il 24 il Comitato di Liberazione nazionale Alta Italia ordina l'insurrezione generale; nello stesso giorno insorge Genova;

  • il 25 aprile insurrezione e liberazione di Torino e Milano.

  • Il 2 maggio l'annuncio ufficiale della resa delle truppe tedesche di occupazione.

  • 7 maggio la resa della Germania

  • 2 settembre 1945 resa del Giappone

 

E’ opportuno  fare alcune riflessioni, a introduzione dei testi che  proponiamo per commemorare questo giorno.

 

LA PRIMA RIFLESSIONE

 

Tra aprile e i primi di maggio finiva, in Europa, una guerra che è stata la più sanguinosa della storia – 50 milioni di morti – che si è accompagnata alle cose più barbare e mostruose che la storia ricordi: i campi di sterminio dove furono assassinate 11 milioni di persone di cui 6 milioni di ebrei, mezzo milione di Rom e prigionieri politici, oppositori, handicappati.

 

 

       Se questo è un uomo di Primo Levi

 

In questa famosa poesia, che appare nella prima pagine del libro omonimo, Primo Levi si rivolge a tutti noi, a quanti sono stati e sono fortunati nella vita: hanno una casa, il cibo, degli amici e dà loro due comandi:

  • Di considerare, cioè riflettere attentamente su quanto è successo – e succede! – nei campi di concentramento, nei lager, dove uomini e donne sono stati trattati – sono trattati ancora oggi! – non come persone, ma come cose, nella maniera più disumana e barbara, perché si è barbari quando non si riconosce l’umanità dell’altro.

 

  • Comanda di ricordare che questo è stato la Shoah; è un crimine contro l’umanità: (come quello contro i gli indiani d’America,  in Siria, in Libia e dovunque c’è guerra).; e ricordare è parola che ha a che fare con il cuore (viene dal latino cor-cordis); significa avere in cuore, avere a cuore: avere in cuore le vittime, avere a cuore la difesa della dignità umana, dei diritti umani.

 

Voi che vivete sicuri nelle vostre tiepide case,

voi che trovate tornando a sera il cibo caldo e visi amici:

 

Considerate se questo è un uomo che lavora nel fango

che non conosce pace che lotta per mezzo pane

che muore per un sì o per un no. Considerate se questa è una donna, senza capelli e senza nome

senza più forza di ricordare vuoti gli occhi e freddo il grembo come una rana d’inverno.

 

Meditate che questo è stato:

vi comando queste parole. Scolpitele nel vostro cuore stando in casa andando per via, coricandovi alzandovi; ripetetele ai vostri figli.

 

O vi si sfaccia la casa, la malattia vi impedisca,

i vostri nati torcano il viso da voi.

 

   La seconda riflessione                            

 Umberto Saba (1883-1957), uno dei più grandi poeti del 900,  scrive il testo che segue nel 1944, a Firenze, dove si era rifugiato, nascosto e soccorso da amici, cambiando casa bel 11 volte a causa delle leggi razziali del 1938:

Storia e cronistoria della sua vita:“ Deve fuggire dalla sua città, nascondesi come una povera bestia inseguita a morte”.

“Si può dire che scrivendo “Avevo” il poeta piange e canta per tutti”

 

Da una burrasca ignobile approdato a questa casa ospitale, m’affaccio

-liberamente alfine - alla finestra. Guardo nel cielo nuvole passare, biancheggiare lo spicchio della luna,

 

Palazzo Pitti di fronte. E mi volgo

vane antiche domande: Perché, madre,

m’hai messo al mondo? Che ci faccio adesso che sono vecchio, che tutto s’innova,

che il passato è macerie, che alla prova impari mi trovai di spaventose vicende?Viene meno anche la fede nella morte, che tutto essa risolva

 

Avevo il mondo per me; avevo luoghi del mondo dove mi salvavo. Tanta

luce in quelli ho veduto che, a momenti, ero una luce io stesso. Ricordi;

tu dei miei giovani amici il più caro,

tu quasi un figlio per me, che non pure so dove sei, né se più sei, che a volte prigioniero ti penso nella terra squallida, in mano al nemico? Vergogna mi prende allora di quel poco cibo,

dell’ospitale provvisorio tetto.

Tutto mi portò via il fascista abietto ed il tedesco lurco.

 

Avevo una famiglia, una compagna; la buona, la meravigliosa Lina.

E’ viva ancora, ma al riposo inclina

più che i suoi anni impongano. Ed un’ansia pietà mi prende di vederla ancora,

in non sue case affaccendata, il fuoco alimentare a scarse legna. D’altri tempi al ricordo doloroso il cuore

si stringe, come ad un rimorso,in petto.

Tutto mi portò via il fascista abietto ed il tedesco lurco.

 

Avevo una bambina, oggi una donna. Di me vedevo in lei la miglior parte Tempo funesto anche trovava l’arte di staccarla da me, che la radice

vede in me dei suoi mali, né più l’occhio mi volge, azzurro, con l’usato affetto.

Tutto mi portò via il fascista abietto ed il tedesco lurco.

 

Avevo una città bella tra i monti rocciosi e il mare luminoso. Mia

perché vi nacqui, più che d’altri mia che la scoprivo fanciullo, ed adulto

per sempre a Italia lo sposai col canto.

 

Vivere si doveva. Ed io per tanto

scelsi fra i mali il più degno: fu il piccolo d’antichi libri raro negozietto.

Tutto mi portò via il fascista inetto ed il tedesco lurco.

 

Avevo un cimitero ove mia madre riposa, e i vecchi di mia madre. Bello

come un giardino;e quante volte in quello mi rifugiavo col pensiero! Oscuri

esili e lunghi, atre vicende, dubbio quel giardino mi mostrano e quel letto. Tutto mi portò via il fascista abietto

-anche la tomba- ed il tedesco lurco

 

 

         La terza riflessione                 

La lotta contro nazisti e fascisti, la Resistenza, fu anche una guerra civile, di italiani contro altri italiani; e tanti dell’una e dell’altra parte morirono,

Ma se la morte è uguale per tutti, non uguale per tutti è la causa per cui si muore. (Italo Calvino)

 

      La Madre

Piero Calamandrei (Epigrafe dettata per il busto, collocato nella sala del consiglio del Comune di Campegine, di Genoveffa Cocconi, madre dei sette fratelli Cervi, morta di dolore poco dopo la loro fucilazione).

Quando la sera tornavano dai campi       Sette figli ed otto col padre

Il suo sorriso attendeva sull'uscio

per annunciare che il desco era pronto.

Ma quando in un unico sparo caddero in sette dinanzi a quel muro la madre disse

non vi rimprovero o figli d'avermi dato tanto dolore

 l'avete fatto per un'idea

perché mai più nel mondo altre madri debbano soffrire la stessa mia pena.

Ma che ci faccio qui sulla soglia se più la sera non tornerete,

Il padre è forte e rincuora i nipoti Dopo un raccolto ne viene un altro ma io sono soltanto una mamma o figli cari

vengo con voi.

 

Giorgio Bassani

(1916-2000- scrittore, poeta, partigiano)

Non piangere

Non piangere, compagno, se m'hai trovato qui steso.

Vedi, non ho più peso

in me di sangue. Mi lagno di quest'ombra che mi sale dal ventre pallido al cuore, inaridito  fiore d'indifferenza mortale.

Portami fuori, amico,

al sole che scalda la piazza, al vento celeste che spazza il mio golfo infinito.

Concedimi la pace dell'aria; fa che io bruci ostia candida, brace

persa nel sonno della luce. Lascia così che dorma: fermento piano, una mite cosa

sono, un calmo e lento cielo in me si riposa.

 

         La quarta riflessione                     

La Costituzione italiana.

 

“La Costituzione è un testamento di 100mila morti. Se voi volete andare in pellegrinaggio nel luogo dove è nata la nostra Costituzione, andate nelle montagne dove caddero i partigiani, nelle carceri dove furono imprigionati, nei campi dove furono impiccati. Dovunque è morto un italiano per riscattare la libertà e le dignità, andate lì, o giovani, col pensiero perché lì è nata la nostra costituzione”

Il popolo italiano consacra alla memoria dei fratelli caduti per restituire all’Italia libertà e onore la presente Costituzione”.

Dietro ad ogni articolo della Costituzione, o giovani, voi dovete vedere giovani come voi, caduti combattendo, fucilati, impiccati, torturati, morti di fame nei campi di concentramento, morti in Russia, morti in Africa, morti per le strade di Milano, per le strade di Firenze, che hanno dato la vita perché la libertà e la giustizia potessero essere scritte su questa carta. Quindi, la nostra cara Costituzione, non è una carta morta; è un testamento, un testamento di centomila morti”

 

Piero Calamandrei - Dal Discorso agli studenti nel salone degli Affreschi dell’Umanitaria di Milano, 26 gennaio 1955

 

 

              Una quinta riflessione              

 

Ora e sempre, come dice Piero Calamandrei

Il generale Albert Kesselring era il comandante delle forze di occupazione tedesche in Italia fra il 1943 e il 1945. Processato e condannato a morte dagli Alleati per crimini di guerra (Fosse ardeatine -335 uccisioni -, Sant’Anna di Stazzema -560 uccisioni-. Boves – 57 contadini bruciati vivi, Marzabotto (eccidio di Monte Sole, 29 sett. 1944: 1830), nel 1952 fu tuttavia liberato per motivi di salute. Dichiarò che gli italiani dovevano essergli grati e avrebbero dovuto dedicargli un monumento.

 

Gli rispose uno dei più amati padri costituenti della Repubblica, Piero Calamandrei (1889-1956), con questo componimento in versi liberi noto come “Lapide ad ignominia”.

La lapide è collocata nell'atrio del Palazzo Comunale di Cuneo in segno di perenne protesta per l'avvenuta scarcerazione del criminale nazista. L’epigrafe afferma:

 

 

Ora e sempre Resistenza

 

 

  Lo avrai

camerata Kesselring

il monumento che pretendi da noi italiani ma con che pietra si costruirà

a deciderlo tocca a noi.

 

Non coi sassi affumicati

dei borghi inermi straziati dal tuo sterminio non con la terra dei cimiteri

dove i nostri compagni giovinetti riposano in serenità

non colla neve inviolata delle montagne che per due inverni ti sfidarono

non colla primavera di queste valli che ti videro fuggire.

 

Ma soltanto col silenzio del torturati più duro d'ogni macigno

soltanto con la roccia di questo patto giurato fra uomini liberi

che volontari si adunarono per dignità e non per odio decisi a riscattare

la vergogna e il terrore del mondo.

 

Su queste strade se vorrai tornare ai nostri posti ci ritroverai

morti e vivi collo stesso impegno popolo serrato intorno al monumento che si chiama

ora e sempre RESISTENZA

 

         Sesta riflessione                    

La resistenza fu anche lotta armata, guerra; e come tutte le guerre ha avuto le sue spietatezze, ha esercitato la violenza.

La strada della non violenza è difficile, soprattutto in certe circostanze storiche. A noi che in quei tempi bui e tragici non abbiamo vissuto si rivolge Bertolt Brecht in una poesie del 1939 dal titolo “A coloro che verranno”.

 

Ecco le strofe finali

 

Voi che sarete emersi dai gorghi dove fummo travolti

pensate

quando parlate delle nostre debolezze

 

anche ai tempi bui

cui voi siete scampati.

 

Andammo noi, più spesso cambiando paese che scarpe, attraverso le guerre di classe, disperati

quando solo ingiustizia c’era, e nessuna rivolta.

 

Eppure lo sappiamo:

anche l’odio contro la bassezza stravolge il viso.

Anche l’ira per l’ingiustizia fa roca la voce. Oh, noi

che abbiamo voluto apprestare il terreno alla gentilezza, noi non si poté essere gentili.

 

Ma voi, quando sarà venuta l’ora che all’uomo un aiuto sia l’uomo, pensate a noi

con indulgenza.

 

Con indulgenza, ma anche con gratitudine, per il sacrificio della loro vita, come scrive Giuseppe Ungaretti per una lapide sui morti della Resistenza:

 

Qui

Vivono per sempre

Gli occhi che furono chiusi alla luce Perché tutti

Li avessero aperti Per sempre

Alla luce

 

       Settima Riflessione                           

 

Tutti i popoli hanno diritto alla Resistenza, tutti hanno diritto alla libertà. La festa della Liberazione non è solo nostra!

 

“Tutti i figli di Adamo formano un solo corpo, sono della stessa essenza.

Quando il tempo affligge con il dolore una parte del corpo,

le altre soffrono.

Se non senti la pena degli altri

Non meriti di essere chiamato uomo”.

 

 

Questi versi sono di un poeta  persiano e stanno scritti all’entrata del palazzo di Vetro, a New York, sede delle nazioni Unite.

Il poeta si chiama Saadi, noto come Sa’di di Shiraz, o Shirazi vissuto tra il 1184 e il 1291)

 

Tra questi popoli che vivono perseguitati o oppressi, che lottano per una patria, per la libertà e la dignità  ricordiamo i Curdi e i Palestinesi.

 

I Curdi, un popolo antichissimo disperso tra Iraq, Iran, Siria e Turchia, ovunque oppressi e perseguitati;

 

I Palestinesi, 12 milioni di persone

  • per metà esiliate e profughe nei campi profughi dei paesi del Medio Oriente,

  • per metà carcerati nella loro stessa terra, occupata dagli israeliani da più di 50 anni.

 

Poeti Curdi

 

 

Ho posato l’orecchio sopra il cuore della terra.

Parlava d’amore, del suo amore per la pioggia,

la terra.

 

Ho posato l’orecchio sul liquido cuore dell’acqua.

Il mio amore, l’amor mio è la sorgente, cantava

l’acqua.

 

L’ho posato sul cuore dell’albero.

Della sua folta chioma,

– l’amore suo – diceva, l’albero.

 

Ma quando accostai l’orecchio all’amore stesso,

che non ha nome,

era di libertà che parlava, l’amore.

 

Separazione

 

«Se dai miei versi strappi le rose, |

delle quattro stagioni della mia poesia una ne morirà.

Se escludi l'amore,

 

due delle mie stagioni moriranno. Se porti via il grano,

tre delle mie stagioni moriranno. Se mi togli la libertà,

tutte e quattro le stagioni moriranno, e io con loro».

 

Sherko Bekas (1940-2013)

 

Senza famiglia, senza casa e terra come sudario avrò le mie ali soltanto.

 

Tutto quel che io desidero è di avere accanto un volto splendente come il tulipano.

Se alle montagne narrassi il mio soffrire sui pendii non crescerebbero più i fiori.

 

È addolorato il mio cuore, Signore, soffre e trema d’angoscia

anela alla patria, piange l’esilio. E questo fuoco mi brucia.

 

Baba Tahir, sec. X

 

FRONTIERE

 

Terra adorata, mia terra, amore che ho perduto

se tu fossi remota

in un cielo inaccessibile

o su una vetta ai limiti del mondo saprei correre da te

anche con scarpe di ferro.

Ma ti separa da me un tratto sottile. L’invasore lo chiama confine.

 

-Hemin, sec. XX

 

Mahmoud Darwish – poeta palestinese.

 

Potete legarmi mani e piedi

Potete legarmi mani e piedi togliermi il quaderno e le sigarette riempirmi la bocca di terra

 

la poesia è sangue del mio cuore vivo sale del mio pane,

luce dei miei occhi,

sarà scritta con le unghie, lo sguardo

e il ferro.

La canterò nella cella della mia prigione nella stalla

sotto la sferza tra i ceppi

nello spasimo delle catene.

Ho dentro di me milioni di usignoli per cantare la mia canzone di LOTTA.

 

Il sogno dei gigli bianchi

  …

Io sogno gigli bianchi in un ramo d’olivo

un uccello che abbracci il mattino sopra i fiori di limone …

Io sogno gigli bianchi in una strada di canto e una strada di luce… Io sogno

e voglio un cuore buono che non sia pieno di fucili

e un giorno intero di sole …

Voglio un bimbo che all’alba sorrida non un pezzo di ricambio

in strumenti di guerra.

Son venuto per vivere il sole

che sorge, ma non quello che tramonta.

E non ho voglia di morire

e combattere donne e bambini …

       LE RIFLESSIONI DEI RAGAZZI E DELLE RAGAZZE DI CLASSE QUINTA

1) SE NON SENTI LA PENA DEGLI ALTRI, NON MERITI DI ESSERE CHIAMATO UOMO: questa frase per me ha un significato molto importante, perché se una persona non riesce a sentire il male e il dolore che prova un’ altra persona, non può essere considerata un Uomo.

2) RICORDARE HA A CHE FARE CON IL CUORE: questa frase significa che i ricordi più importanti vissuti con gli amici più cari si ricorderanno per sempre e rimarranno nel cuore per sempre.

3) MA SE LA MORTE E’ UGUALE PER TUTTI, NON UGUALE PER TUTTI E’ LA CAUSA PER CUI SI MUORE: questa frase significa che nella vita abbiamo la certezza che prima o poi moriremo, però per alcune persone nel mondo la morte, purtroppo, non è per cause naturali, ma per colpa di guerre, carestie o per mano di un’ altro uomo.   

MIRYAM

 

Queste poesie mostrano la speranza con cui le persone combattevano per dare la libertà alla propria patria; non mostrano solo speranza, ma anche dolore: il dolore di una madre che perde tutti e sette i figli, fucilati perché volevano dare la libertà al loro paese... il dolore che si prova quando ti hanno tolto tutto: la famiglia, la libertà, un mondo in cui vivere.

Chi ha tolto tutto alle persone senza un vero e valido motivo pensa di meritare anche dei premi. Essi hanno infranto tutto: speranze, sogni di una vita pacifica. Costoro non sono degni di essere chiamati uomini.

 

Greta Federici

 

                                                   Ricordare per riflettere

 A me piace molto la frase di Primo Levi , in cui è scritto “ricordare, cioè riflettere”.

A volte non ci si pensa, ma se ricordi, un sacco di domande, risposte e dubbi salgono alla mente.

Ricordare e riflettere non hanno lo stesso significato, ma hanno di certo lo stesso valore… : se rifletti ricordi, se ricordi rifletti.

Sembra strano, ma è proprio così. Non importa l’argomento, perché il risultato è sempre lo stesso: la riflessione.    

 

(Jacopo Bottarelli)

 

 

                                                                                  

                  Gli occhi della libertà (Riflessione sesta)

 

Noi non nasciamo liberi, ma lo diventiamo quando impariamo a rispettare la vita degli altri; ogni epoca ha avuto periodi sereni, ma anche molto bui e questo testo ci porta a capire, e non dico ricordare, perché io, fortunatamente, non li ho vissuti…eventi distruttivi dell'intera umanità.

Noi che pensiamo di vivere una libertà assoluta, siamo invece i veri prigionieri di quello che non conosciamo perché, secondo me, non sempre gli occhi ci dicono la verità e vogliamo vedere ciò che non ci fa soffrire,  i nostri occhi non comprendono la verità.

A milioni di persone è stato impedito non solo di esistere, ma anche di realizzare i loro sogni da individui che volevano vedere solo crescere il loro potere; guardare non sempre è vedere ed essere liberi non è seguire solo i propri istinti; se sono libero non sono sempre felice.

Per crescere sani e responsabili dobbiamo capire qual è il nostro spazio nel mondo e ciò che possiamo o non possiamo fare.         

Nel mio futuro mi vedo libera e mi guardo felice!!!

 Cecilia

 

“si è barbari quando non si riconosce l’umanità dell’altro”

 

MI PIACE MOLTO QUESTA FRASE PERCHE’ INVITA A METTERSI NEI PANNI DEGLI ALTRI:E’L’EMPATIA!

DICE ANCHE CHE SI E’barbari,UNA DEFINIZIONE MOLTO SGRADEVOLE DA AFFERMARE E INFATTI E’ PER QUESTO CHE PRIMO LEVI HA DEFINITO barbari CHI NON RIESCE A RICONOSCERE L’UMANITA’ DELL’ALTRO.  CHI NON VUOLE RICONOSCERE CHE ANCHE L’ALTRO E’ UN UOMO, CHI NON RIESCE A CAPIRE CHE TUTTI SIAMO UGUALI E CHE SE C’E’ UNA PERSONA CON IL COLORE DELLA PELLE O IL FISICO NON UGUALE AL TUO, NON VUOL DIRE CHE E’ UN  “PARASSITA”!

BISOGNA RICORDARE DI RICORDARSI!     

(Noemi Rossetti)

 

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                                                      Ricordare con il cuore

 

“Ricordare è parola che ha a che fare con il cuore”

Questa è una delle più famose frasi di Primo Levi.

 

 

A mio avviso, questa frase è molto toccante e profonda perché si evidenzia la sofferenza vera e propria che arriva dal cuore. Leggendo attentamente la poesia, ho riflettuto molto su come le piccole cose che quasi sempre diamo per scontate vadano  apprezzate e non rese superficiali, come ad esempio la piacevolezza di un semplice pezzo di pane.

La mia attenzione poi si focalizza sul valore importante della vita, e di conseguenza la tristezza delle persone che purtroppo in queste occasioni l’hanno persa per sempre.

 

Jacopo Rossi

 

 

 

La terza riflessione                 

 

“Ma se la morte è uguale per tutti, non uguale per tutti è la causa per cui si muore.”

 (Italo Calvino)

La riflessione che mi ha colpito di più è stata la terza; in particolare, mi è piaciuta molto la frase di Italo Calvino “Se la morte è uguale per tutti, non uguale è la causa per cui si muore”. Con la sua frase intende che la morte è uguale per tutti, ma l’unica cosa diversa è la causa per cui si muore: noi non moriamo tutti per la stessa causa.

Le persone che hanno lottato contro le ingiustizie e sono morte per questo, sono degli eroi, anche senza super poteri! La loro morte non è inutile perché grazie a loro il mondo può cambiare.

Ancora oggi, nel mondo, ci sono tante persone che si battono per i loro diritti e che purtroppo perdono la vita. Questi devono essere per noi esempi di coraggio.                           

(Edoardo Molinari) 

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         “SI E’ BARBARI QUANDO NON SI RICONOSCE L’UMANITA’ DELL’ALTRO”

LE MIE RIFLESSIONI

GLI EBREI, SIA UOMINI CHE DONNE, NON HANNO FATTO NIENTE PER FINIRE NEI CAMPI DI CONCENTRAMENT; SE MI FERMO A PENSARE NON RIESCO AD IMMAGINARE TUTTO QUELLO CHE E’ SUCCESSO: MI SEMBRA SURREALE .

LO STEREMINIO BRUTALE DI QUESTE PERSONE NON ACCETTATE SOLO PERCHE’

“DIVERSE” HA DISTRUTTO VITE UMANE INNOCENTI , SOGNI , SPERANZE , LASCIANDO UNA SCIA DI SANGUE INGIUSTIFICATA.

Alessandro Battistini

                                                                                                                                         

 

Le mie riflessioni sono molte e ho deciso di cogliere numerosi spunti fra quelli proposti.

 

 

 

PRIMA RIFLESSIONE

 

Considerate se questo è un uomo che lavora nel fango

che non conosce pace che lotta per mezzo pane

che muore per un sì o per un no. Considerate se questa è una donna, senza capelli e senza nome

senza più forza di ricordare vuoti gli occhi e freddo il grembo come una rana d’inverno.

 

E’ importante cercare di provare a mettersi nei panni delle persone che sono state prigioniere nei campi di concentramento, per capire quanta sofferenza, quante ingiustizie e quanto dolore hanno subito.

 

Scolpitele nel vostro cuore stando in casa andando per via, coricandovi alzandovi; ripetetele ai vostri figli.

 

Non dobbiamo solo ricordare, ma impegnarci perché questo non accada più, poiché ancora oggi ci sono persone trattate in modo disumano.

 

 

 

TERZA RIFLESSIONE

 

Ma quando in un unico sparo

caddero in sette dinanzi a quel muro

 

Non è giusto che una persona possa decidere quando e come un altro essere umano debba morire

 

 

 

 

QUINTA RIFLESSIONE

 

Su queste strade se vorrai tornare ai nostri posti ci ritroverai morti e vivi collo stesso impegno popolo serrato intorno al monumento

 

A volte ci sono persone che pensano di fare la cosa giusta, procurando del male ad altri.

E’ difficile comportarsi sempre nel modo corretto, ma dobbiamo impegnarci a farlo anche se gli altri non la pensano come noi.

 

 

 

SETTIMA RIFLESSIONE

 

Senza famiglia, senza casa e terra come sudario avrò le mie ali soltanto

 

Sono fortunato ad avere persone che mi vogliono bene, una casa con molte comodità, mentre nel mondo ci sono popoli che sono costretti a spostarsi continuamente per sfuggire alle guerre o vivere in campi profughi per poter sopravvivere.

Stefano Araldi

                                            

 

 

E’ FINITA UN’ OSCURA GUERRA  IN CUI SONO MORTI  MILIONI DI PERSONE.

LE PERSONE DI “IERI” HANNO DATO LA PROPRIA VITA PER NOI, PERSONE DEL FUTURO.

NOI VIVIAMO IN CASE SICURE E QUANDO TORNIAMO DA UN’ “AVVENTURA” ABBIAMO CIBO CALDO; CHI, INVECE, HA VISSUTO DURANTE LA GUERRA, LOTTAVA PER UN PEZZO DI PANE.

LA MADRE DAI SETTE FRATELLI CERVI E’ MORTA  DAL DOLORE DOPO CHE TUTTI I SUOI  SETTE  FIGLI  SONO MORTI FUCILATI!

“SI E’ BARBARI QUANDO NON SI RICONOSCE L’ UMANITA’ DELL’ ALTRO”, PERCHE’ SE SEI COSI’ STUPIDO DA NON RICONOSCERE L’ UMANITA’ DI UNA PERSONA, GLI ALTRI HANNO  IL DIRITTO DI CHIAMARTI BARBARO.

MI E’  PIACIUTA TANTISSIMO LA FRASE DETTA DA ITALO CALVINO “...MA SE LA MORTE E’ UGUALE PER TUTTI, NON UGUALE PER TUTTI E’ LA CAUSA PER CUI SI MUORE.” QUELLO CHE HA DETTO ITALO CALVINO E’ QUELLO CHE MI DICE SEMPRE LA NONNA, CHE PER ME E’ UNA GRANDE SAGGIA!  

Lavina Kaur 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

25 APRILE: FESTA DELLA LIBERAZIONE

Noi in questo momento stiamo lottando per la libertà, noi ora non siamo liberi, siamo in pericolo e non possiamo uscire perché c’è il Corona Virus; una volta, invece, al tempo di guerra non erano liberi perché c’era l’invasore.

I Partigiani erano uomini che hanno lottato per la libertà, come noi oggi che lottiamo contro questo virus. Io lo so bene quanto è importante la libertà: poter uscire, vedere gli amici, andare a fare un giro in bicicletta, correre in campagna…a me manca tantissimo la libertà e farei di tutto per poterla riavere.

Durante la seconda guerra mondiale ci sono stati moltissimi morti e nei campi di concentramento c’era tanta atrocità e si viveva malissimo. In prima ho visto il film “Il bambino dal pigiama a righe”: è stato bruttissimo vedere quelle immagini d’orrore di bambini e adulti che venivano uccisi nelle camere a gas. Ho letto anche Anna Frank: il diario di  una bambina ebrea  che è dovuta stare rinchiusa in casa per tantissimo tempo per sfuggire ai nazisti; lei non poteva correre nei parchi, giocare con i suoi amici: un po’ come me in questo periodo. Si sentiva molto sola.

Primo Levi è uno scrittore che dice che bisogna ricordarsi del passato , anche delle cose brutte, per cercare di evitare di fare gli stessi errori nel presente.

I soldati con la guerra hanno perso tutto: la famiglia, gli amici, la casa, il lavoro e, a volte, anche la vita.

Ieri ho visto alla tv un servizio sui bambini della Siria, dove ancora oggi c’è la guerra. Dei visi tristi, feriti perché con la guerra si perde il sorriso, la guerra è come un drago che brucia tutto quello che hai e i tuoi ricordi felici.

La guerra porta la morte che è uguale per tutti, ma ci sono persone che muoiono da eroi: i Partigiani che lottarono per liberare l’Italia, come i dottori che stanno lottando contro il Corona virus per salvare tutti noi, sono veri eroi. Morire per un ideale è un gesto molto coraggioso che non tutti riescono a fare.

Per questo dobbiamo essere grati e riconoscenti ai soldati morti, ai Partigiani e ai dottori perché i diritti e la libertà che noi abbiamo loro li hanno guadagnati mettendo in pericolo le loro vite.

Anche noi ci dobbiamo impegnare per amare la nostra patria e per difendere i comportamenti buoni. E quando c’è qualcosa che non va, dobbiamo avere il coraggio di ribellarci e agire per il bene dell’Italia.

“Se non senti la pena degli altri non meriti di essere chiamato uomo”: questa frase vuole dirci che se c’è la guerra in Siria, ad esempio, non devi pensare “tanto non mi riguarda perché io non vivo là”, perché devi preoccuparti anche di queste persone, sono anche loro esseri umani come te.

E’ un po’ come ha fatto il buon Samaritano che per strada incontra un uomo ferito che era stato derubato e picchiato dai briganti e decide di aiutarlo e di prendersi cura di lui, anche se non lo conosce. Questi sono bei gesti da fare. Bisogna avere compassione e non essere indifferenti alle sofferenze degli altri.

Il 25 aprile deve essere la festa di tutti.

Mia mamma ha scritto sul muro della cucina questa frase di Liliana Segre:”Siate la farfalla gialla che vola sopra il filo spinato!”…Questa frase ci vuole dire che bisogna sempre lottare contro quello che non va e bisogna sempre avere speranza nella vita perché le cose possono cambiare. Bisogna crederci. Come diceva Jovanotti nella sua canzone:VIVA LA LIBERTA’!!!!!!!                       

 

Giulia Stella

 

 

La mia prima riflessione:

ho scelto la frase:

“Considerate se questo è un uomo

che lavora nel fango

che non conosce pace

che lotta per mezzo

pane

che muore per un sì o per un no”.

 

L’autore ci fa capire quanto era difficile vivere ai tempi della guerra dove ti costringevano a lavorare e lottare per i comodi altrui, dove c’era gente che moriva di fame, che lottava per accaparrarsi solo un mezzo pane, mentre oggi noi possiamo andare a comprare tutto al supermercato senza bisogno di fare sforzi. Ci fa capire quanto valesse la vita della gente che era in mano ai più potenti a cui bastava un semplice sì o un no per deciderne il destino.

 

La mia  seconda riflessione:

ho scelto la frase:

“Tanta luce in quelli ho veduto

che, a momenti, ero una luce io stesso”.

 

L’autore ricorda i momenti di luce che vedeva quando ancora c’era pace, quando la guerra non era ancora cominciata. In quei momenti si sentiva libero, importante, perché ancora questa terra aveva un cuore.

 

 

La mia terza riflessione:

ho scelto la frase:

“Non vi rimprovero o figli

d’avermi dato tanto dolore

l’avete fatto per un’idea

perché mai più nel mondo altre madri

debbano soffrire la stessa mia pena”.

 

Si capisce il dolore della madre per i figli uccisi, che lei però coraggiosamente non rimprovera per averle provocato tanto dolore.

I valori di libertà e giustizia per cui i figli hanno lottato sono talmente importanti da giustificare  il loro sacrificio e devono affermarsi in modo che nessun’altra madre debba soffrire così.

 

La mia quarta riflessione:

 ho scelto la frase:

 “lascia così che dorma:…

 piano, una mite cosa

sono, un calmo e lento

cielo in me riposa”.

L’autore si sta preparando a morire, ma prende la cosa quasi con “leggerezza”, sapendo che lo ha fatto per qualcosa, per dei principi che vanno difesi e quindi se ne può andare serenamente, consapevole di aver sacrificato la propria vita per la libertà.

 

 La mia quinta riflessione:

ho scelto la frase:

“Ma soltanto col silenzio dei torturati più duro d'ogni macigno

soltanto con la roccia di questo patto giurato fra uomini liberi

che volontari si adunarono per dignità e non per odio decisi a riscattare

la vergogna e il terrore del mondo”.

 

Si capisce il disprezzo dei cittadini verso gli uomini che li hanno costretti a combattere, che  in quel momento chiedevano perfino riconoscenza, quella riconoscenza che, giustamente, non gli viene concessa.

 

La mia  sesta riflessione:

ho scelto la frase:

“Ma voi, quando sarà venuta l’ora che all’uomo un aiuto sia l’uomo, pensate a noi

con indulgenza”.

L’autore ci dice che quando arriverà il tempo in cui gli uomini si aiuteranno l’un l’altro invece di farsi la guerra, dovremo pensare alla loro generazione con indulgenza. La violenza va sempre condannata, ma vanno comprese le motivazioni di chi ha dovuto usarla per difendere i valori di libertà e democrazia.

 

 La mia  settima riflessione

ho scelto la frase:

“Ma quando accostai l’orecchio all’amore stesso,

che non ha nome,

era di libertà che parlava, l’amore”.

 

L’amore parla della libertà soprattutto ai tempi della guerra, perché l’amore non è solo quello tra marito e moglie o tra ragazzo e ragazza, ma anche amore tra uomini: per questo l’amore parla di libertà. Sa che la guerra non porta bene, non risolve niente.

 

La mia ottava  riflessione:

ho scelto la frase:

“Se mi togli la libertà,

 tutte e quattro le stagioni moriranno,               

 e io con loro”.

 

L’autore spiega come la libertà sia il valore più importante perché tiene unita  la comunità,  infatti senza libertà gli uomini non potrebbero esprimere liberamente il loro pensiero, vivere in armonia con gli altri. Senza libertà tutto è destinato a morire, e anche l’autore non vuole vivere senza.

 

La mia nona riflessione:

ho scelto la frase:

“Se alle montagne narrassi il mio soffrire sui pendii non crescerebbero più i fiori”.

 

L’autore vuole fare un paragone per farci capire quanto soffra senza la sua famiglia e i suoi amici. E’ solo e molto triste, tanto che se lo narrasse alle montagne non crescerebbero più fiori.

 

 

La mia  decima riflessione:

ho scelto la frase:

“Ma ti separa un tratto sottile.

L’invasore lo chiama confine”.

 

L’autore è probabilmente in esilio, il suo paese è stato invaso, è rimasto solo, cerca la terra, il cuore della terra. Forse è alla ricerca del suo paese, che però è difeso dal confine avversario.

 

 La mia  undicesima riflessione:

ho scelto la frase:

“la poesia è sangue del mio cuore vivo sale del mio pane,

luce dei miei occhi,

sarà scritta con le unghie, lo sguardo

  e il ferro”.

 

 L’autore ci dice quanto sia importante la poesia per lui e quali sacrifici sia disposto a fare pur di scrivere.

 

La mia dodicesima e ultima  riflessione:

ho scelto la frase:          

“Io sogno e voglio un cuore buono che non sia pieno di fucili”.

L’autore vuole dire che non  desidera combattere e uccidere, anche se costretto. Per questo dice che vuole un cuore buono che non sia pieno di fucili, ovvero di odio e guerra.                                                 

RICCARDO BONEZZI

 

 

 

A me è piaciuta  la poesia di Primo Levi.

 Secondo me, questa poesia vuole farci riflettere su quanto hanno sofferto gli uomini durante la seconda guerra mondiale: erano costretti a stare lontano da casa e dall’affetto dei propri familiari, a fare lavori faticosi e pericolosi, mettendo a rischio la propria vita.

Durante la seconda guerra mondiale lottavano per un pezzo di pane, le donne che erano nei campi di concentramento venivano rasate a zero e non avevano nemmeno un nome, ma un numero. Dobbiamo sempre ricordare la fatica e la sofferenza di quelle persone.

Noi siamo molto fortunati perché viviamo in periodo di pace, possiamo fare i lavori che ci piacciono e che abbiamo sempre desiderato fare. Oggi, la maggior parte delle persone  ha una casa sicura e stabile dove può vivere in sicurezza con i propri familiari .

Donne e uomini hanno ripreso la loro dignità.

Edoardo Selmini

 

A me piace molto la frase di B. Brecht “Anche ai tempi più bui voi siete scampati”. Le poche persone che sono sopravvissute  alla guerra si sono dovute nascondere in posti impensabili, convivendo con  la paura di essere scoperti e uccisi e sopravvivendo con il minimo indispensabile.

Molti hanno vissuto la prigionia, ma anche il sapore della libertà, una libertà enormemente apprezzata.

                                                                                       Alberto Leoni

​

Classe Quinta 

Scuola Primaria 

Rivarolo Mantovano

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