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In questo periodo di distanziamento sociale a mancarci non sono solo i nostri compagni ma anche i professori. Per questo in redazione abbiamo avuto l’idea di intervistare alcuni di loro, per capire come stanno vivendo questo periodo in cui, come noi, sono confinati a casa e possono svolgere il loro lavoro esclusivamente via computer. Abbiamo sottoposto alcune domande alla prof.ssa Manini, che molto gentilmente ha accettato di rispondere a tutte le nostre domande e curiosità.

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PROF.SSA MANUELA MANINI

 

 

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Buongiorno professoressa. Innanzitutto grazie per aver accettato il nostro invito.

Le manca il contatto diretto con noi alunni?

“Inizialmente sì, molto. Ero spaesata rispetto alla situazione. Il contatto con gli alunni è alla base del nostro lavoro; noi abbiamo a che fare con persone che stanno crescendo, e seguirle anche attraverso un percorso in presenza è una condizione fondamentale. Poi, nel corso delle settimane, da quando si è aperta la possibilità di vedervi via computer, mi sono rasserenata. Anche dallo schermo si colgono molte emozioni e reazioni. E anche così posso percepire molto di voi ragazzi. Quindi vi sento vicini, anche se virtualmente”.

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Cosa pensa e come vive l’insegnamento virtuale?

“L’insegnamento virtuale è stata una necessità; nessuno di noi era pronto a questo. Da un giorno all’altro abbiamo dovuto imparare ad utilizzare le nuove tecnologie. Con la collaborazione di tutti noi colleghi, ma anche vostra e delle vostre famiglie, siamo riusciti a condividere regole e approcci differenti dal solito, giungendo ad un equilibrio funzionale ed efficace. In mancanza di altro, la tecnologia è stata un aiuto indispensabile al servizio delle relazioni e del nostro lavoro di docenti”

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In settembre inizierà un nuovo anno scolastico. Quali soluzioni proporrebbe per riorganizzare la scuola mantenendo il distanziamento sociale?

“Chiaramente da qui a settembre è necessario intraprendere un percorso di responsabilità. Ogni giorno occorre attenersi all’evolvere della situazione e alle decisioni ministeriali. Innanzitutto credo che sia fondamentale mettere come priorità la salute di ognuno. C’è da qui a settembre un’estate che mi fa paura, perché penso a chi non rispetterà le norme e i doveri, quindi temo una ricaduta. A settembre mi piacerebbe ritrovarvi tutti in classe e poter dire che tutto è stato archiviato. Ma non penso che le classi della nostra scuola siano abbastanza capienti per potervi ammettere tutti in sicurezza. Purtroppo per le classi prime, che dovremmo accogliere in ingresso, fare lezione a distanza sarebbe un esordio poco felice nel nuovo ordine di scuola. Spero che nel frattempo la situazione si appiani. Nel frattempo noi non ci fermiamo”.

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Secondo lei, quali difficoltà incontrano gli alunni partecipando alle lezioni virtuali?

“La tecnologia ci obbliga a modulare l’azione didattica in modo totalmente diverso. Il tempo gioca a sfavore, sicuramente. Occorre affrettare i tempi e comprimere l’azione in meno di un’ora. Le classi numerose non hanno la possibilità materiale di vedere intervenire tutti gli alunni, quindi sicuramente è tutto più difficile e complesso. Altra difficoltà, connessa a questa, è quella delle relazioni”.

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Le manca il contatto con i suoi colleghi nell’ambiente scolastico?

“I colleghi in realtà sono una presenza costante anche se solo attraverso il video. Con loro la relazione è forse ancor più intensa e preziosa, anche se diversa dal consueto”.

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Come organizza il suo lavoro in vista delle videolezioni?

“Il lavoro va organizzato nel dettaglio, perché stare nei tempi ed essere efficaci è molto complesso. Occorre dare un taglio all’argomento, preparare i materiali da condividere in share screen, impostare una strategia. Le modalità di lavoro consuete vanno piegate alla nuova esigenza, anche pensando ai soggetti più fragili. E poi, altro aspetto fondamentale, è quello di mantenere viva la vostra attenzione e curiosità, cercando di coinvolgervi quanto più possibile”

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Pensa che le videolezioni siano un metodo d’insegnamento valido? Migliorerebbe qualcosa?

“Le lezioni a distanza al momento sono efficaci in quanto unico modo possibile per raggiungervi. Non proporrei però questo approccio come sostitutivo a quello tradizionale, anche perché lo strumento informatico non può essere utilizzato a lungo, anche per ragioni di stress e di affaticamento della vista”.

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Crede che per noi alunni l’anno scolastico 2019-2020 sia un anno perso? Se sì, in che modo si potrebbe recuperare?

“Non credo assolutamente sia un anno perso, anche se certamente molto di quanto era stato pianificato ha dovuto essere rimodulato in un’ottica di estrema sintesi, facendo scelte e selezioni. Ho comunque avuto ampi riscontri di un seguito e di un’efficacia di quanto seminato, e posso dire che in alcuni casi penso di aver avuto modo di conoscervi meglio e di avere da voi segni di risultati incoraggianti. Certo, famiglie più fragili hanno avuto bisogno di un supporto da parte nostra per raggiungere ogni alunno a seguire e ad apprendere”.

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Cosa pensa che abbiamo perso noi alunni come contatti umani non frequentando l’ambiente scolastico?

“Ciò che è stato perso è stato sicuramente il contatto anche dello sguardo, oltre a quello fisico della vicinanza. Ma anche l’occasione di discussioni, di dibattiti aperti. Crescere da soli non è semplice. Ma tanti giovani come voi sono nella stessa situazione; insieme tutti, rispettando le regole, dobbiamo vincere questa grande prova per un benessere comune, a scuola così come nella vita”.

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Se non ci fosse stata la tecnologia, in quale modo avrebbe affrontato questa situazione?

“Non sarebbe stato possibile. La tecnologia è stata un mezzo imprescindibile per potervi raggiungere”.

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Secondo lei, gli alunni intervengono maggiormente in videolezione oppure a scuola?

“In realtà gli alunni che a scuola erano taciturni ed evasivi lo sono anche in questa situazione; così come quelli attivi e partecipi sono rimasti tali. Si cerca, da parte nostra, di coinvolgervi allo stesso modo, ma la personalità che avete è la stessa.

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Vorrebbe aggiungere qualcosa?

“Sì. Vorrei però aggiungere un particolare strettamente personale, che pensavo potesse essere la vostra prima domanda. A me è mancato e sta mancando molto il camminare, anche per mezz’ora al giorno. Mi sento prigioniera senza la possibilità di un’evasione anche fisica. Mi è mancato l’assistere alla primavera, al contatto con la natura nella sua fase più bella ed esplosiva. Ho cercato di fare un po’ di sport a casa, pur di muovermi. Altra difficoltà è stata la fatica di stare dalla mattina alla sera davanti allo schermo, a fissare il pc. Non vedo l’ora di riappropriarmi dei miei spazi e dei miei ritmi. La vera vita non può essere quella vissuta in questi due mesi”

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a cura di Allison Molinari

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