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UN MESTIERE MILLENARIO

Io ho intervistato mio cugino Michael e anche lui ha una storia interessante da condividere con noi lettori.

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Qual è il tuo lavoro? Di cosa ti occupi?

Svolgo la professione di agricoltore. Attività forse tra le più antiche del mondo del lavoro umano. Non sono un allevatore. Con i prodotti della terra mi occupo, alla fine, di nutrire le persone.

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Quando hai deciso che avresti svolto questo lavoro?

Sin da piccolo seguendo le orme del nonno paterno, nonno Luigi, e di mio papà... ricordo che ero affascinato dagli aratri: li vedevo grandi, sporchi di terra ma una volta lavati luccicavano al sole, potevi specchiarti nei vomeri e “fare le facce” buffe.

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In questo periodo così difficile e drammatico per il nostro Paese, com’è cambiato il tuo lavoro?

Nulla... abbiamo mantenuto gli stessi ritmi. Il cadenzare delle stagioni e della natura. Il tempo delle semine, delle raccolte dei prodotti, i periodi delle lavorazione della terra che deve essere preparata per la seminagione dei prodotti cerealicoli.

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Come è cambiata la tua giornata e la scansione del tempo?

Cambiamenti? No, nessuno. Lavoriamo a pieno ritmo per soddisfare esigenze elementari di sostentamento della vita umana. La maggior parte dei lavori si sono fermati o hanno cambiato modalità di esecuzione. L'agricoltura no, la terra è sempre lì che aspetta le lavorazioni, non si trasferisce su un pc. Ci sono difficoltà per alcune lavorazioni poiché non si è liberi di poter viaggiare per reperire pezzi di ricambio degli attrezzi, avere consulenze sul campo degli eventuali esperti che intervengono per consigliare l'agricoltore per migliorare le produzioni, ma si va avanti. Sono certo che il nostro lavoro, che spesso è screditato e deriso, è un lavoro importante per tutti e al servizio di tutti; certo ci sono difficoltà ma cerchiamo di superarle.

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Quale contributo pensi di dare attraverso il tuo lavoro?

Fornire ai consumatori, alla gente, prodotti per poter vivere, si alimenta la popolazione. In un mondo in cui ci sono cambiamenti veloci gli agricoltori si possono adeguare ma il ritmo delle stagioni resta quello, può variare perché arriva prima la primavera o la stagione secca o il freddo ma la natura ha i suoi cicli che vanno rispettati e presi in considerazione, vi faccio un esempio: nelle nostre zone le angurie coltivate in pieno campo, crescono e maturano nella prima estate, hanno bisogno di acqua e molto sole, potreste immaginare le angurie raccolte in inverno quando gela? Raccoglieremmo ghiaccioli al gusto anguria? Non mi pare. Ogni zona climatica ha i suoi prodotti stagionali, come dice la parola segue la tempistica delle stagioni. Ovvio che si trovano anche in inverno al supermercato, ma sono prodotti coltivati in serre oppure arrivano da altre parti del mondo dove sono considerati prodotti stagionali anch'essi...la globalizzazione ci ha portati a questo: ad avere le fragole per il pranzo di Natale!! Nelle serre si crea artificialmente il clima adatto, in altre zone geografiche le condizioni agronomiche sono simili a quelle della pianura padana in estate, sembra ovvio ma molte persone non lo sanno o non vogliono saperne. Il nonno Luigi diceva in dialetto “persac, fic e 'mlon, ognün la so' stagion”...che tradotto: “pesche, fichi e meloni ad ognuno le proprie stagioni”..cioè, non forziamo la natura, seguiamo il ritmo delle stagioni, perché in questo modo verdura e frutta sono sicuramente più gustose e succose.

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Secondo te, è cambiato il modo in cui il tuo lavoro viene percepito e considerato dalle persone?

Come già ho detto prima viene percepito in modo a volte negativo, meglio dispregiativo: siamo gli avvelenatori della natura e degli uomini con i nostri prodotti. Ora noi siamo quelli fortunati che continuiamo al lavorare ad uscire, ma se a noi va male una stagione, o il clima è avverso, o perdiamo una produzione, cosa succede? Se siamo fortunati c'è qualche aiuto altrimenti ci rimettiamo tutto di tasca nostra. È facile andare a lamentarsi del prezzo dei prodotti agricoli... colpa della filiera, colpa degli agricoltori... ma pensate quanto lavoro duro c'è dietro, quanta fatica fanno le persone impiegate in agricoltura, pensate a quanti attrezzi costosi servono... e poi anche noi dobbiamo vivere e avere un reddito dignitoso... non credete? Nessuno ci mette in cassa integrazione o cose simili...

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A cosa hai dovuto rinunciare in questo periodo per svolgere al meglio il tuo lavoro?

Limitazioni di spostamenti per reperire materiali necessari per il lavoro dei campi, soffro l'impossibilità di vedere amici, di poter spostarmi per riposare,per fare un giro al lago o in montagna.

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Cosa ti ha insegnato questo periodo? C’è un insegnamento che porterai con te dall’esperienza di questi mesi?

Ho imparato che la normalità di prima era ed è molto preziosa, anche se a volte sembrava monotona. Apprezzi ora, che sei in privazione, i momenti e le libertà alle quali eravamo abituati. Quale insegnamento? No lo so, ma voi restate a casa! Al cibo pensiamo noi, alle cure ci pensano medici ed infermieri, alla sicurezza sulle strade ci pensa la polizia...voi non dovete fare proprio nulla.

 

 

Lucrezia Finardi

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