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GIUSEPPE TORCHIO

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1) Sindaco, come sta vivendo questo periodo di emergenza?

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Stiamo vivendo un periodo d’emergenza, senza dubbio. Ma anche un momento particolare dove viene a galla la vera identità delle persone, la vera bontà e il vero egoismo. L’Umanità si svela in quel che è nel profondo. Le persone, in uno stato di costrizione, reagiscono in maniera diversa. Posso paragonare i volontari che in soli tre giorni hanno distribuito libri di testo rimasti a scuola, mascherine e buoni spesa a tutta la popolazione oppure i cittadini che hanno donato ben 25 mila euro per l’ospedale confrontandoli con gli individui che pensano solo al proprio benessere, alla propria ideologia e alla diffusione di essa.

È una guerra, questa. “Ho vissuto solo un pezzo della guerra” mi diceva una persona anziana “ma questa esperienza è peggiore”. 10 mila morti ad oggi nella sola Lombardia sono una guerra. Sentiamo la mancanza di cittadini che hanno fatto la differenza. Io sono via da casa da un mese. Mia moglie fa la caposala. Non ci vediamo. Lei mi ha imposto la lontananza per la mia sicurezza. Nel frattempo sono morti amici, personale sanitario, religiosi, insegnanti, anche sindaci. Il Covid è trasversale. Colpisce tutti, nessuno escluso.

Penso anche che questo periodo ci abbia dato, però, la possibilità di conoscere risorse inattese. A Bozzolo siamo riusciti a ripartire con il macello comunale. Il riavvio delle imprese, delle aziende, delle realtà produttive come la Migross è un passo fondamentale per la popolazione. Per la rinascita dei cittadini.

Devo ammettere che la scuola è l’elemento che ci manca di più. La sua vivacità, le biciclette di voi ragazzi, gli scuolabus, la gestione dei tanti interventi. Ci mancano queste spinte delle giovani generazioni che migliorano di giorno in giorno il Paese. Il mondo scolastico è sempre stato una sfida da cogliere. Adesso lo è ancora di più. L’attività di didattica a distanza migliora la scuola. Una scuola online, social. Penso che sia un modo per proiettare i ragazzi nel futuro, verso il nuovo. Sarà questo il metodo per comunicare nel futuro.

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2) Quando si è reso conto che la situazione era più grave del previsto?

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Nessuno di noi era pronto. Lo siamo dovuti diventare in pochi istanti. Dalla sera alla mattina, mi sono reso conto della trasformazione del nostro piccolo ospedale periferico in uno strumento fondamentale. Non c’è stato tempo per metabolizzare l’emergenza. Tutti hanno dovuto agire subito.

Lo sforzo, l’abnegazione, il sacrificio, la volontà spesi anche a repentaglio della propria vita sono stati fin da subito i costanti di un comportamento straordinario, unico. Nessuno di noi, d’altronde, pensava inizialmente a scenari simili. Noi, con le nostre risorse limitate, abbattute da continui tagli e privatizzazioni nel passato, siamo stati coloro che hanno saputo resistere nel momento nevralgico anche attraverso i gesti solidali dei cittadini.

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3) Quali sono secondo Lei le categorie di persone del Comune che il COVID 19 ha messo maggiormente in difficoltà e in pericolo?

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Credo indubbiamente gli anziani. Non hanno la dimensione del limite, dell’obbligo, della mascherina. Poi penso agli invalidi, le persone psichicamente labili che non avvertono la situazione, non hanno più rapporti, contatti, vicinanza con l’esterno. Certo ci sono anche i ragazzi, abituati a non avere restrizioni… ma le grandi difficoltà sono là dove sono gli elementi deboli della società. Da tutti i punti di vista. Già a Bozzolo abbiamo 45 famiglie che hanno fatto richiesta dei buoni spesa, dopo 2 mesi di non lavoro.

4) C’è stato un momento in cui si è sentito/a inadeguato, impotente per far fronte a questa emergenza improvvisa?

Sì, certo. Quando non arrivavano i dati, quando non avevamo accesso alle informazioni dalla Prefettura. Con il maresciallo dei carabinieri facevamo riunioni quotidiane per capire a chi dovevamo rivolgere le nostre attenzioni, senza sapere la vera identità dei positivi.

Ma anche quando abbiamo dovuto mettere precipitosamente in sicurezza l’ospedale perché sono arrivate persone positive al Covid da ricoverare nella nostra struttura.

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5) Come ha visto reagire la popolazione?  Con responsabilità o con leggerezza? 

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La popolazione bozzolese è stata esattamente come quella di tante altre città italiane: inizialmente ha seguito il problema in modo molto leggero, con scarsa responsabilità, in particolare da parte dei giovani e degli immigrati. Solo successivamente si è lentamente adeguata ad uno stile di vita meno estemporaneo, più controllato e responsabile. Adesso si esce solo quando è necessario ed è giusto che si faccia così.

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6) Come pensa sia cambiata la sua Comunità dopo questa emergenza? Secondo Lei che segno ha lasciato questo periodo così complesso?

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Ci abitueremo a dare maggiore valore alle dimensioni che avevamo trascurato. Il valore degli affetti, dei rapporti interpersonali, il valore del nobile lavoro di persone qualunque che a costo della vita rimangono al loro posto. Rivalorizzeremo il ruolo della scuola, della sanità, della ricerca. Di quella cultura e sapienza che forse fino ad ora è stata sottovalutata rispetto ad un consumismo esasperato, ad un culto dell’avere a scapito dell’essere…

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Martina Bettoni

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