SEMPRE PRONTI, COME IN GUERRA
Carlo Finardi è mio zio, il fratello del mio babbo. Ho pensato di chiedere ache a lui come stia vivendo questo periodo, soprattutto in relazione alla propria professione.
Qual è il tuo lavoro? Di cosa ti occupi?
​
Sono un infermiere, più precisamente sono Coordinatore infermieristico (capo sala) mi sono sempre occupato della salute delle persone. Il mio percorso professionale è iniziato prestando il mio servizio presso le Terapie intensive, Rianimazione dell’Ospedale di Cremona, durante quel periodo ho però continuato gli studi e ho conseguito l’abilitazione al coordinamento del personale sanitario non medico, attualmente questa abilitazione si chiama master di 1° livello in management sanitario. Dopo l’esperienza in Rianimazione sono stato in camera operatoria a coordinare il personale sanitario e oltre al coordinamento ho imparato a gestire il paziente non solo in anestesia ma anche assistendo i chirurghi durante gli interventi chirurgici di tutti i tipi. Sono poi passato a coordinare un reparto di medicina ad indirizzo gastroenterologico e un reparto di chirurgia vascolare. Qui ho avuto la fortuna di poter frequentare corsi di statistica. medica e di epidemiologia. La Direzione poi mi ha chiesto di andare a coordinare il personale del Servizio di Pronto soccorso e accettazione dell’ospedale di Cremona, in quel periodo ho conseguito i brevetti sul trattamento dei pazienti critici ho frequentato corsi di Rianimazione cardiopolmonare (BLS), di defibrillazione cardiopolmonare (BLSD), di Rianimazione cardiopolmonare avanzata (ACLS), Disaster manager, di gestione delle emergenze chimiche biologiche e nucleari (NBCR), Corsi sul trattamento dei pazienti con gravi traumi (ATLS). Ho conseguito il brevetto di istruttore di Rianimazione cardiopolmonare. Inoltre, sono stato il coordinatore della Centrale Operativa 118 della provincia di Cremona. Attualmente mi occupo di controlli sulle prestazioni sanitarie, ossia verifico in tutto il territorio delle provincie di Cremona e Mantova, se le strutture sanitarie effettuano realmente le prestazioni ambulatoriali e di ricovero e se le effettuano secondo le indicazioni cliniche e formali della nostra Regione e della nostra nazione. Metto a frutto il mio percorso formativo in epidemiologia, prevenzione e statistica. Mi occupo anche di formazione in emergenza insegno nei corsi di Rianimazione cardiopolmonare e sono professore a contratto all’Università di Brescia per il corso di Laurea in Assistenza Sanitaria dove insegno scienze infermieristiche cliniche e pediatriche.
​
​
Quando hai deciso che avresti svolto questo lavoro?
​
Ho deciso di fare questo lavoro al termine del Servizio Civile che ho effettuato scegliendo di non fare il servizio militare. Servizio che ho effettuato grazie alla Caritas Cremonese presso L’istituto San Giuseppe (Suore di Maria Bambina) di Bozzolo. Ho trascorso circa 2 anni della mia vita facendo l’educatore dei ragazzi e ragazze che negli anni ’80 frequentavano l’Istituto.
In questo periodo così difficile e drammatico per il nostro Paese, com’è cambiato il tuo lavoro?
​
In questo periodo difficile il mio lavoro è cambiato repentinamente, dal giorno 21 febbraio non mi occupo di controlli delle prestazioni sanitarie ma mi occupo di gestione dell’emergenza legata al corona virus. La direzione mi ha affidato il coordinamento di una équipe formata da medici, infermieri, assistenti sanitari, personale amministrativo che si occupa di salute pubblica. Il nostro compito è quello di individuare, mediante indagini epidemiologiche, per le persone contagiate dal virus, tutte le persone che hanno avuto contatti stretti con la persona infetta e successivamente disporne la quarantena ovvero un periodo di isolamento dagli altri per motivi di salute pubblica. Inoltre, la mia équipe si occupa anche dei monitoraggi quotidiani dello stato di salute delle persone ammalate a causa del virus e dei loro contatti che sono in quarantena. Spesso poi si devono trovare parole di conforto per i famigliari che hanno subito dei lutti a causa di questa epidemia, cosa che psicologicamente lascia sempre il segno.
Come è cambiata la tua giornata e la scansione del tempo?
​
Dal giorno 21 febbraio la mia giornata è cambiata in modo radicale esco di casa alle 7,30 circa e non so mai a che ora torno la sera, spesso arrivo a casa quando le mie figlie hanno già cenato e ho solo il tempo di salutarle prima che vadano a letto. Anche con mia moglie che fa l’assistente sanitaria in Ospedale a Cremona, a causa di questa situazione di emergenza, ci vediamo solo perché andiamo e torniamo insieme.
​
​
Quale contributo pensi di dare attraverso il tuo lavoro?
​
L’articolo 32 della nostra Costituzione dice che la salute è un bene primario e per tale motivo va tutelata, il mio contributo, attualmente, non è in prima linea come stanno facendo, mia moglie, tanti miei colleghi e cari amici ma penso sia comunque importante perché la tutela della salute parte anche dalla prevenzione, dalla ricerca di come si trasmette il virus, dalla ricerca dei contatti stretti, la loro messa in quarantena e il monitoraggio dello stato di salute della persona ammalata e dei suoi familiari.
​
​
Secondo te, è cambiato il modo in cui il tuo lavoro viene percepito e considerato dalle persone?
​
Il lavoro dell’infermiere, in questo momento è sicuramente percepito in modo più favorevole rispetto ad altri momenti anche se la nostra figura professionale è sempre vista come complementare alla figura del medico. In realtà non è proprio così perché il medico si occupa, della diagnosi e della terapia ma l’infermiere si occupa, dell’assistenza al paziente, della somministrazione delle prescrizioni terapeutiche, dell’educazione del paziente e della prevenzione delle complicanze. Penso sinceramente che la figura dell’infermiere e del medico siano entrambe complementari e dovrebbero sempre lavorare in équipe. Avendo come obiettivo sempre la salute dalle persone.
​
​
A cosa hai dovuto rinunciare in questo periodo per svolgere al meglio il tuo lavoro?
​
Ho dovuto rinunciare agli affetti, al tempo passato in famiglia, agli amici più cari, alle quotidianità e alle piccole cose cui ero abituato.
​
​Cosa ti ha insegnato questo periodo? C’è un insegnamento che porterai con te dall’esperienza di questi mesi?
Nella vita non si è mai finito di imparare, era ed è ancora una sacrosanta verità. L’insegnamento che posso trarre da questo periodo e che bisogna sempre pronti a anche alle cose inaspettate, in questo periodo dico sempre che noi siamo in guerra, ma è una guerra che non si sente e si vede e per questo è più pericolosa.Ripeto sempre il motto Scout “Estote Parati” - Sempre pronti - questo è l’insegnamento che porto e porterò sempre con me e questa pandemia che è in corso conferma che bisogna sempre esserlo.
​
Lucrezia Finardi