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«A settembre le lezioni metà in classe, metà a distanza»

«A settembre le lezioni metà in classe, metà a distanza»

La ministra Azzolina: «La settimana sarà divisa in due per gli studenti, non ci saranno doppi turni. Così la socialità resta. Le lezioni a distanza? Funzionano»

  • Corriere della Sera

  • 3 May 2020

  • di Valentina Santarpia

La ministra all’istruzione Lucia Azzolina ipotizza per settembre un rientro a scuola con le classi divise in modo che «la metà degli studenti per metà settimana» vada a scuola, mentre l’altra metà sia collegata a distanza, «così la socialità resta». «A settembre si deve tornare a scuola, gli studenti ne hanno diritto», ma c’è la possibilità che il nuovo anno parta con una «didattica mista», in parte in presenza e in parte online, a distanza. La ministra Lucia Azzolina rivela a Skytg24, dopo giorni di ipotesi sul rientro in classe, lo scenario che si sta delineando per gli studenti, rimasti a casa in tutta Italia dal 5 marzo. Non parla di «doppi turni», la ministra, ma di una divisione in modo che «la metà degli studenti per metà settimana» vada a scuola, mentre l’altra metà è collegata a distanza, «così la socialità resta». Nel resto della settimana, chi è andato fisicamente in aula potrà rimanere a casa, così che anche il resto della classe possa vivere l’esperienza dal vivo della scuola. Un’alternanza che potrebbe valere anche per le elementari. Eppure «la didattica a distanza non ha funzionato ovunque allo stesso modo», nota Pina Picierno (Pd), rilevando che «il divario digitale non è stato colmato». Anche Valentina Aprea, deputata FI, è perplessa e invita il governo a «non dividere gli alunni, penalizzando loro e le famiglie». Ma Azzolina difende la didattica a distanza: «Se pensiamo da dove siamo partiti è stata un grande successo». E, spiega, «la scuola non era preparata». A settembre lo sarà? Il capo del comitato di esperti di viale Trastevere, Patrizio Bianchi, dice che «serviranno linee guida del ministero sulla modalità mista e autonomia da parte degli istituti per interpretarle, perché non tutto il Paese è uguale». Del resto, l’idea di una didattica mista era già ipotizzata in uno studio, presentato da Stefano Parisi al capo della task force per l’emergenza Vittorio Colao, nato nell’ambito del piano #ricostuireitalia, con il professor Giuseppe Bertagna (università di Bergamo) e Emmanuele Massagli, presidente di Adapt (università di Modena). Il piano prevede addirittura la ripartenza a giugno, con l’alternarsi tra studio in aula, attività sportive all’aperto, momenti culturali in musei e teatri, ed e-learning. Il tutto con sanificazione per gli ambienti chiusi ad ogni turno e per piccoli gruppi, 8 studenti. L’idea di dividere gli alunni in formazioni ristrette è anche in un altro piano per la riapertura, quello presentato dal Politecnico di Torino, che suggerisce di dimezzare le classi per le attività «in presenza». E se serviranno più insegnanti? Non saranno neo assunti visto che, chiarisce Azzolina, «chi sta dicendo che a settembre si possono assumere subito docenti sta mentendo spudoratamente». Un’affermazione che irrita Matteo Orfini, Pd, che aveva criticato i bandi dei concorsi: «Parole irricevibili». E non è l’unico a contestare la ministra: per Italia viva «annunciare in un’intervista e non nelle sedi istituzionali soluzioni non ancora discusse con nessuno appare grave, nonché irrispettoso delle commissioni parlamentari». Intanto, anche sul fronte universitario si sblocca qualcosa: le lauree, e anche tutte le attività pratiche nel campo della ricerca (tirocini, esercitazioni, etc.) potranno tenersi in presenza, chiarisce il governo, «a condizione che vi sia un’organizzazione degli spazi e del lavoro tale da ridurre al massimo il rischio di prossimità e aggregazione». Altrimenti si potrà ricorrere alla modalità a distanza.

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